sabato 30 marzo 2013

BUONA PASQUA


Allegre confidenze di campane
invadono
i precordi dell’anima
a risvegliare una gioia
sepolta

- Giovanna Giordani


LA PIETA' (Michelangelo)





Forte e immacolata
era la mia esistenza
di marmorea pietra
indifferente ai venti 
e alle tempeste
Ma  fui straziata
un giorno
da  ignoti artigli
che mi strapparono
il cuore
per condurlo intatto 
nelle grandi mani di un artista
che mi diede forma di madre
adagiando sul mio grembo
la morte
 del mio unico figlio
affinchè lo vegliassi
in eterno
Ed io 
il capo
chinai.

- Giovanna Giordani -

venerdì 29 marzo 2013

CROCIFISSIONE




I segni dell’odio
e della scelleratezza
scendono in rivoli di sangue
dalla Tua croce
facendo lacrimare
i nostri fragili cuori

La Parola
che Ti ha fatto vittima
sarà anche la nostra risurrezione
per non morire più

- Giovanna Giordani -

giovedì 28 marzo 2013

LA PASQUA E I POETI




La luce della Pasqua
di Renzo Montagnoli

 C’è aria nuova
in quest’alba
che annuncia
un giorno sereno
e dal sole
che s’alza
all’orizzonte
s’irradia una luce
dai mille riflessi.
E’ questa la luce
di una nuova speranza
per un giorno diverso
in un mondo migliore
in una vita più umana.
Non c’è ombra nascosta
che possa sfuggire
non c’è angolo buio
che non la riceva
non c’è un cuore chiuso
che non s’apra
ai suoi raggi.
Attendo con gioia
che scenda in me
che colga quel tanto
o quel poco
di ciò che è rimasto
di un’eterna illusione.



Braccia d'amore che stringono
Un silenzioso buio
Oltrepassano la porta aperta del tempo
Nutrendo di luce l'onda sacra dell'uomo

Attecchita nel cuore dell'uomo


Pace, fin dove si stende l'infinito,
Ardente scende il tuo raggio
Svestendo la fredda anima peccatrice
Quale acqua che canta
Un inno di gioia
Al mondo assopito.

- Giovanni De Simone – 


Il perdono
Sasso
che lascio
adagiato
fra l'erba.
- Graziella Cappelli - 


Svilisce nell’attesa
tenero ramo d’ulivo
nell’orto solitario 
appena carezzato
da un livido raggio di sole
troppo freddo da sciogliere
troppa miseria da sfamare
troppi pensieri da slegare
eppure l’albero della pace
non teme il baco della morte
 regala gioia e forza
ha radici e gemme
che non conoscono sosta e invidia
da quando il tempo 
scandisce il battito dell’universo
e regola la natura
la terra non sogna altro che
d’incontrare il vero seme
per coltivare il fiore dell’Amore.
Roberta Bagnoli


Il giorno di Pasqua
Cade, scroscia
la pioggia dal cielo plumbeo
rende il paesaggio
lucidato a nuovo

nuvole basse si adagiano
coprendo le alte cime
come a nasconderle
da occhi indiscreti

il vociare frammisto
ad acute voci di bambini
ed il silenzio sommesso
di chiesa immota nel tempo

un uovo di cioccolato a ricordare
la Pasqua e il suono di campane
che si espande come eco nella valle
a richiamar fedeli

Maristella Angeli
(Da “Il mondo sottosopra” Rupe Mutevole Editrice)



AMO


Non poteva mancare fra i miei ospiti la sensibilissima poetessa Tinti Baldini





Amo  l'odore 
dell' erba umida
la sera
la lucciola che mi cerca
complice d'occhi
le nuvole grigiorosse
che ballano in coro
quella rosa bianca
che sempre m'accompagna
piccola come nicchia amica
amo la luna quando
mi dona ultimo spicchio
ammiccante 
e m' offre diamanti
il rumore tenue di carta
del mio libro
di sempre
il pc che s'accende
e mi chiama
le voci amiche
fili in note 
sullo schermo
amo il tuo sudore
ragazzo
che mi chiedi la consecutio
e vorresti volare
e te donna che 
mentre t'affanni
sogni terra 
che s'affaccia
sull'oceano
e alle tue mani nodose
tra le schiume
a te piccola d'oro
che temi il vento
e null'altro 
ora e 
apri braccine al mondo
a te figlio che
m'ami sempre comunque
a te figlia che 
sfiori vene e strappi con
capelli di seta
alle tavole calde di sapori amici
al profumo del tempo
tra pane e cipolla
amo te che sei
qui in braccio
e ti sollevo amor mio 
tra sole e uccelli 
pinete e boschi
in un
mare d'aurora. 

- Tinti Baldini -

domenica 24 marzo 2013

MUSICA


A te
mi abbandono
musica
prendimi
portami via
lontano
in alto
più in alto
dove scorrono i fiumi
dei tui divini sentieri
e dove possono i pensieri
fondersi
puri
fra i bagliori effimeri
dei sogni

- Giovanna Giordani -




venerdì 22 marzo 2013

GENTILE LUNA

Dalle sue "POESIE DELLA NOTTE"




Gentile luna
luna gentile
ma li vedi tutti
proprio tutti i bambini?
Lo sai che certi
certi hanno un dolore
chiuso a chiave
dentro il cuore?

Luna gentile
gentile luna
ma li vedi tutti
proprio tutti i vecchini?
Lo sai che a volte
nei loro angolini
piangono proprio
come fanno i bambini?

Gentile luna
luna gentile
ma li vedi tutti
gli animaletti?
Lo sai che l'uomo
li tratta male
lo sai che piange
il regno animale?

- Vivian Lamarque -

mercoledì 20 marzo 2013

POESIA - Haiku


Anima mundi
dagli abissi profondi 
estrai parole

- Giovanna Giordani - 


Ecco come onora la giornata della poesia la poetessa Maristella Angeli

GIORNATA MONDIALE DELLA POESIA

e il contributo della poetessa Roberta Bagnoli


Poesia …ed è subito
cuore trafitto
da un’emozione
nel cielo dell’anima
rapita dall’amore e dalla Luce
in un palpito eterno d’infinito.
Roberta Bagnoli

martedì 19 marzo 2013

IL BENE



E' forse il bene
solo un'illusione
l'eco di un pianto tardo
dell'angelo scacciato
che vorrebbe tornare

Alte
 e non di rado soffocate
da  contrari venti
 son le sue grida
imploranti  l'aiuto
di un dio buono.

Spesso
ha da lottare
il bene
con strani serpenti
in fondo al cuore
Ma è un trionfo
indiscusso
la sua proclamazione
a vincitore.

- Giovanna Giordani -

domenica 17 marzo 2013

CASA DI RIPOSO




Sguardi affacciati
dalle carrozzine
allineate
lungo il corridoio
come rondini in sosta
sui fili della luce
tenere
distanti
mute


- Giovanna Giordani

venerdì 15 marzo 2013

RECENSIONE


Segnalo volentieri questa splendida recensione di Maria Carmen Lama all'ultima silloge della bravissima Cristina Bove,


MI HANNO DETTO DI OFELIA - Cristina Bove

giovedì 14 marzo 2013

I FIORI DELLA FELICITA'






C’era una volta un bosco che non era un bosco qualsiasi, ma un bosco nel quale gli alberi, i sassi e gli animali  parlavano come gli esseri umani. C’è anche da dire, però, che questo avveniva solamente di notte. Di giorno era un bosco come tanti altri.
 In quel bosco nessuno ci aveva mai messo piede in quanto i suoi confini erano segnati da spessi  rovi spinosi che scoraggiavano chiunque ad avvicinarsi.
Nel paese, in fondo alla valle, si diceva che in quel bosco crescesse il fiore della felicità e che chiunque fosse riuscito a toccare tale fiore sarebbe stato felice per tutta la vita. Come si potrà immaginare tantissime persone si erano messe in cammino per entrare in quel bosco in cerca di quel fiore speciale. Le persone arrivavano piene di entusiasmo e portavano con sé anche delle falci e delle accette per abbattere i rovi, poichè sapevano quanto erano spessi, intricati e pungenti.
Il fatto è che nessuno riuscì mai ad aprirsi un varco per entrare in quel bosco poichè nel medesimo istante in cui il rovo veniva violentemente reciso, un altro più forte ed irto di spine si ergeva davanti a colui che tentava di passare.
Un giorno arrivò da quelle parti un giovane che amava molto passeggiare in mezzo ai boschi ed era di temperamento mite e molto curioso.  Notò quei rovi spessi ed intricati e cercò fra di loro un passaggio costeggiando quel luogo selvatico lungo il sentiero che lo circondava. Cammina e cammina, il tempo passava, ma il giovane non trovò proprio nessun varco per poter entrare in quel  bosco che  stava diventando per lui assai misterioso. Si accorse che il sole stava tramontando e la notte cominciava a stendere il suo scuro mantello sopra ogni cosa. Pensò che doveva tornare sui suoi passi e correre velocemente verso il paese. Per fortuna era una notte limpida e serena illuminata dalla luna piena che, come una regina, troneggiava nel cielo stellato.
Mentre stava accelerando il passo girò il capo nuovamente verso quel bosco inaccessibile e gli parve di udire delle voci.  Si fermò di botto e rimase in ascolto.
-          Felicità, ora canteremo per te – proferì una vocina lieve lieve.
-          C’è la luna, possiamo starcene all’aperto – dissero altre voci.
Il nostro amico, che si chiamava Otto, non credeva alle proprie orecchie e si alzò sulle punte dei piedi allungando anche il collo per vedere  da dove provenivano quelle voci. In quel momento perse leggermente l’equilibrio e, nel ricomporsi, provocò un piccolo rumore sul sentiero sassoso.
-          C’è qualcuno là fuori – sentì dire dall’interno dei rovi.
Siccome Otto era anche un giovane coraggioso, disse:
-          Chi si nasconde fra i rovi? Non fatemi del male perché ho con me il fucile e sarà peggio per voi –
-          Oh, non temere – rispose una vocina squillante – noi non facciamo male a nessuno, caso mai sono gli umani che spesso fanno del male a noi -.
-          Gli umani? – chiese Otto.
-          Si, gli umani, vogliono entrare nel nostro bosco e ci fanno tanto male con le loro falci ed accette. –
-          Ma voi chi siete? – chiese il nostro amico.
-          Noi siamo quello che vedi davanti ai tuoi occhi – risposero. Allora Otto sgranò i suoi occhioni scuri e vide fra i rovi un’infinità di occhietti vispi puntati su di lui.
-          Io non capisco chi voi siate – disse - posso entrare per vedere meglio? – chiese.
-          Solo se poggi il fucile per terra e liberi le mani da ogni cosa – risposero.
Allora Otto poggiò il fucile per terra e cominciò a spostare delicatamente i rami spinosi, facendosi largo, finchè giunse davanti ad una piccola radura. Si guardò intorno, ma non vide anima viva, solo quegli occhietti vispi che spuntavano da ogni tronco, ramo e sasso là intorno.   
All’improvviso si levò nell’aria un coro che intonò una dolcissima canzone mentre una brezza leggera muoveva i fili d’erba e le fronde degli alberi come in una danza.
In quel momento il prato fu illuminato da una miriade di fiori bianchi che luccicavano ai raggi della luna.
Le voci del coro si smorzarono lentamente e intorno si levò un leggero brusio.
Allora, una vecchia quercia che stava di fronte al nostro amico, così parlò:
-          Caro giovane Otto, questa notte hai visto dove vivono i fiori della felicità. Sono gelosamente custoditi in questo bosco perché non vogliamo che vengano sciupati nel mondo, là fuori. Ora, se tu ne coglierai uno, potrai essere felice per tutta la vita e così pure i tuoi figli e i figli dei tuoi figli, ma ad una condizione: dovrai sempre seguire la via del bene e fuggire dai sentieri del male. La via del bene è quella che ti indicherà il tuo cuore, quella del male quella che ti indicherà il tuo egoismo.  Potrai permettere di toccare il fiore della felicità a tutte le persone che lo desiderano – continuò la vecchia quercia – ma dovrai precisare che l’effetto della felicità svanirà se non osservano ciò che ti ho appena detto -.
Il giovane Otto allora si chinò e raccolse uno di quei fiori bianchi:
-          Farò come dici tu, lo prometto, grazie – disse.
Nel  frattempo stava ormai albeggiando e Otto sentì il desiderio di tornare alla sua casa; si girò per vedere se c’era ancora il piccolo varco fra i rovi e, riconosciutolo, si avviò con passo deciso. Gli occhietti erano spariti e una brezza leggera lo accompagnava fin sull’orlo della stradina.
 Era fuori. E aveva in mano il fiore della felicità.
Giunto al paese raccontò la sua avventura, ma non tutti gli credettero.
Taluni però vollero toccare quel fiore e promisero di osservare le raccomandazioni che il giovane aveva ricevuto dalla vecchia quercia.
E si sa che furono loro, poi, ad assaporare il raro e squisito sapore della felicità.

- Giovanna Giordani -



martedì 12 marzo 2013

MARZO


E, visto che la primavera si sta preannunciando, ecco una rasserenante poesia della poetessa Graziella Cappelli








Arioso
in fragranza
di mimose
sui colli.
Nuvole
veleggianti
e il sole
a rinverdirmi
gli occhi.
Mandorli
a solatio
sentore d’erba
sulle zolle
risorte.
L’inverno
mi ha lasciato
uno scrigno
di carezze
e melodie.
E’ tempo
di seminare.

- Graziella Cappelli -

lunedì 11 marzo 2013

IL PIANTO DELLE ROSE NERE







Anche il silenzio
racchiude talvolta una gioia
sottile ed arcana
che fluttua incostante
dal cuore alla mente
ed è bello ascoltare
e tacere
ma
un po’ più distante
fra canti e  risate
odo il pianto incessante
delle rose nere
Fuggo  allora
 a ritroso nei giorni lontani
dove Hansel e Gretel
mi tendono mani
invitanti
Così li raggiungo
e con passi esitanti
ancora una volta
nel tempo gabbato
varchiamo la soglia
ed entriamo
nel bosco stregato

- Giovanna Giordani -

domenica 10 marzo 2013

LA STREGA



Le urla si confondevano con il crepitio del fuoco e il rumore della folla,  finché il fumo soffocò il respiro e la vittima reclinò il capo.
 Le fiamme si levavano alte nel cielo come se volessero penetrarne il mistero, ma la sofferenza era finita, la tortura era stata quasi peggiore del rogo.  Ed ora, poteva vedere dall’alto quel mucchietto di ceneri fumanti.  Le guardò furtivamente perché un vento tiepido la stava portando via, chissà dove. Forse nel paese delle streghe. Perché,  lei,  era una strega.
 Gliel’avevano detto e urlato in mille modi.  Lei non capiva.  Aveva solo portato al castello un infuso d’erbe per calmare la febbre del figlio del conte. Anche suo figlio ne aveva avuto beneficio ed ora l’accusavano di essere una strega e di avere intrallazzi col diavolo.
  
 Non capiva e cercava di svincolarsi dai lacci che le facevano sanguinare le membra. Il dolore era insopportabile. Avrebbe fatto e detto qualsiasi cosa, per farlo cessare.
 “Confessi?”  – urlava quell’uomo vestito di nero.
 
“Sì”  – rispondeva lei, stremata, con un soffio di voce.
 “
Sentite?” – urlava l’uomo vestito di nero – “Ha confessato. Deve morire!”.
 Dopo il rogo della strega, quella sera, il giudice e la corte cenarono come al solito nella stanza riccamente addobbata,  ma il giudice inquisitore  stranamente non aveva molto appetito. Sentiva un peso sul cuore.
 “Anche per oggi, il nostro dovere è compiuto!”  – disse un membro della corte. – “Il diavolo è stato sconfitto!”.
 Il giudice Inquisitore  sentiva un cerchio alla testa e riuscì solo ad annuire leggermente, poi si spostò tutto in avanti e il suo corpo pesante si accasciò con un tonfo sul piatto facendo schizzare il contenuto sui visi circostanti.
 Si alzarono tutti inorriditi, e fu chiamato immediatamente il medico di corte che ne accertò il decesso per arresto cardiaco.  Lo spirito del giudice inquisitore si stava allontanando dalla stanza volgendo lo sguardo incredulo al suo corpo riverso, e, quando fu all’esterno del castello, sentì un vento caldo che lo sospingeva senza che potesse opporre resistenza finché scorse una processione di  anime che procedeva lentamente.  L’ultima della fila, gli parve di riconoscerla. Certo. Era la strega.

 Non poté fare a meno di incrociare il suo sguardo evanescente nel quale fluttuava un lago di serenità.   Lui, invece, sentiva sempre quel peso sul cuore e, nei suoi occhi velati, lei poté intravvedere un lampo di terrore.
 Poi la processione si divise in due diverse direzioni.
 L’anima del giudice inquisitore e quella della strega non si rividero mai più.
- Giovanna Giordani