martedì 30 aprile 2013

ALLA BAMBINA CARLA

(che scalava due colline per non sentirli gridare)

Oh maialino vestito di rosa
come un bel fiore
di un bel giardino
con gli occhi azzurri
come il fiore di lino
e pieni di pianto
come un bambino:
Tremano i sassi
a sentirti gridare
non trema l'uomo
non sa tremare.
Con gli occhi azzurri
di fiordaliso
se non ci vai tu
non c'è paradiso.

- VIVIAN LAMARQUE -



LA GIOIA DI VIVERE


…"La madre, oltre che una donna pia e buona, era una convinta vegetariana e, per togliere al figlio il desiderio della carne, lo condusse a vedere l'interno di un mattatoio, come ricorda Alphonse de Lamartine nelle "Confidenze": 
" Una profonda pietà mista d'orrore mi prese e domandai d'andarmene via. L'idea di quelle scene orribili e disgustose, preliminari obbligati dei piatti di carne che vedevo serviti a tavola, mi fece prendere l'alimentazione animale in orrore... Io non vissi fino a dodici anni che di pane, di latticini, d'erbaggi e di frutta. La mia salute non ne fu meno forte, né il mio sviluppo meno rapido, e forse dovetti a questo regime la purezza dei lineamenti, la sensibilità squisita d'impressioni e la dolcezza serena di umore e di carattere che io conservai sino a quell'epoca. "
                                                                        -.-.-.-.-.-.-

C'è un'immagine, fra le innumerevoli che percorrono la mia mente, che mi sorprende talvolta, inaspettatamente, nei momenti più imprevedibili.
E' la visione che ebbi un pomeriggio di prima estate durante una passeggiata su un altipiano dove m'imbattei in una malga dal tipico aspetto rustico, ma ordinata e pulita.
Non ero avvezza, fin da piccola, a vedere da vicino gli animali da allevamento e quando mi capitava l'occasione di trovarmeli davanti è sempre stato per me un momento epifanico.
Le mucche, ad esempio, con i loro tondi corpi paciosi, macchiati di quei colori caldi e contrastanti, con quei musi dagli occhi buoni e innocenti mi ispiravano sempre un misto di gioia e tristezza assieme.
La prima volta che vidi un gregge ero già in là con gli anni e non so descrivere l'emozione, la meraviglia alla vista di quelle bestiole che si muovevano fianco a fianco in un cammino di reciproca innata solidarietà; e come dimenticare lo struggente belato delle madri che richiamavano a sé gli agnellini? Un presepio vivente che mi riportava all'infanzia lontana.
Quel pomeriggio, dunque, capitai a quella malga accanto alla quale stava una bassa costruzione.
Mi accostai incuriosita allo steccato che la circondava e fui accolta da un piccolo maialino che mi venne a salutare sfregando sul recinto il suo musetto rosa dagli occhietti gonfi, a mandorla, nella speranza, io supposi, di ricevere qualcosa da mangiare; ma, sfortunatamente, non avevo niente con me e mi limitai a guardarlo con un misto di compassione e stupore.
Nell'angolo del cortile notai inoltre tre o quattro maiali accovacciati l'uno accanto all'altro quasi abbracciati, che sembravano dormire, come vinti da una grande spossatezza e indifferenti al mondo.
Non potei non pensare alla loro sorte. E fui pervasa da una subitanea malinconia.
Voi dite che sono patetica? Può essere, ma dirò di più: improvvisamente dall'oscurità di un'apertura della casetta sbucò fuori un maialone roseo e rubicondo che si mise a saltellare come in preda ad una gioia frenetica. Cominciò ad urtare col muso i maiali addormentati come volesse svegliarli per farli partecipi della sua dirompente allegrezza. Ma i suoi tentativi di comunicare la sua letizia cadevano nel rifiuto totale da parte di questi ultimi, ché proprio non volevano saperne delle sue avances. Lo guardavo ballonzolare imperterrito, mentre i dormienti sembravano ammonirlo con la loro immobilità. Il messaggio mi sembrò chiaro: "non capisci, ingenuo, che per noi c'è poco da stare allegri?"
Ma lui, testardo, continuava a "ballare" emettendo gioiosi grugniti.
Mi discostai per entrare nella malga al cui soffitto stavano appesi dei salumi di varia grossezza e, alla loro vista, sentii dentro di me un lamento che saliva strisciando da non so dove.
Bevvi un caffè e me ne tornai a casa con una pezza di formaggio.
Forse vi farò sorridere ancora, ma mi capita ogni tanto, magari quando sono al supermercato o sto preparando il pranzo, di rivedere quel giocondo maiale saltellare goffamente con quel suo corpo buffo, roseo e pesante, voglioso di partecipare ai suoi compagni la sua gioia di vivere, ignaro del perché, la sua gioia, veniva così snobbata e incompresa dai suoi simili.

- Giovanna Giordani

venerdì 26 aprile 2013

QUANDO NASCE UNA POESIA

Dedicata a tutte le anime poetiche conosciute in internet


Quando nasce una poesia
il sole avanza lieto
 dal buio della notte
 ansioso di appendere
 fiocchi rosa 
sulle porte del cielo
che reclama a gran voce
il nome
della nuova arrivata.

- Giovanna Giordani -


sabato 20 aprile 2013

CANTO POVERO


Per chi deve fuggire



Non ascolto
il tremore del cuore
mentre mi allontano
su un battello malconcio

Non voglio pensare
che sia un lugubre incanto
questo che odo
di sirene lontane

E se non approderà
al paradiso 
questa fragile nave
vorrei che poteste
ascoltare
il mio povero canto 
che grida
fra i flutti
del mare

- Giovanna Giordani -

venerdì 19 aprile 2013

L'ALBERO DEL MALE

(Boston 2013, Siria e altro)

L’albero del male
non accoglie nidi
ha rami neri e sterili
non si piega ai tornadi
ben saldo sui ghigni
delle sue radici
immonde 

L’albero del male
non teme il fuoco
né il gelo nè l’accetta
e si fa beffe
dei fiati della vita

E sempre dorme
il genio
custode del segreto
per farlo scomparire


- Giovanna Giordani -

mercoledì 17 aprile 2013

UN PO' DI FEDE

Direttamente dal sito Poetare ho "rubato" questa bellisima poesia dell'ottimo poeta Giuseppe Stracuzzi


L'amore ha una rotta 
per suo conto,
lo conduce un vento 
che scalza i pregiudizi
perciò non segue 
aliti inculcati,
lo perseguita il raziocinio, 
e mare mare mare 
istiga a inabissarsi…
se ti congela il cuore
senti la vita che si scioglie 
dietro il cancello, 
prendila per mano
dagli lo spazio di un sorriso 
e un po' di fede, 
anche gli alberi spogli
si stringono coi rami
in dolce abbraccio
nella stanza fredda 
dove suona più forte 
il desiderio
di un raggio di sole.

- Giuseppe Stracuzzi

domenica 14 aprile 2013

AMICA



a L.

Se penso
alla nostra amicizia
mi sovviene
quel platano maestoso
  nel giardino della tua casa antica
con le fronde sfolgoranti
dei diamanti del sole
complice lieto
dei nostri giochi felici di bambine
E’ ancora là, splendidamente bello
resistente
agli assalti del tempo
magari un po’ più saggio, forse
e son sicura
che ancor ci tiene dentro i suoi pensieri
come il nostro legame  che perdura
 nell’oggi come ieri
amica.

- Giovanna Giordani -



sabato 13 aprile 2013

PRIMAVERA


Mani di nuvola
premono il respiro
e il passo ardito
ora si fa lento
è interrotto l'andare
da un incanto
improvviso
che avvinghia 
e frantuma la ragione.
L'aria dai tetti
semina germogli
che infiorano giardini
dentro al cuore
assorto
nell'ascolto
della voce che sale
dalla terra.
E un canto nuovo
dal sapore antico
magnifica il prodigio rinnovato
e ornato di colori
riaccende il suo sorriso
il prato.

- Giovanna Giordani


venerdì 12 aprile 2013

GLI INNOCENTI

L'amore per gli animali e la poesia. Eccone due esempi bellissimi:

LA MICIA


L’ho trovata al mattino
ai piedi di un pilastro,
forse lei stessa,
investita e ferita,
si è trascinata lì.

Un signore, da sempre amico
di tutti gli animali,
ha detto dispiaciuto:
 Vita breve, un mese
o poco più. L’ho vista ieri,
miagolava appena,
ma non sembrava in fondo
stesse male!”

Il dubbio è forte
per lui, per me, per tanti
che qualcuno si sia dato da fare.

Ora sta là,
piccolo manto bianco,
bellissima da viva,
forse troppo,
per chi non ha avuto
compassione.


- Piera Maria Chessa – 



MORGANA

Superbamente
gatta
in linee perfette.
Elegante
morbidamente
sensuale
meraviglia della natura.
Mistero
in fessure orientali
padrona
del mio cuore.
Non odo
passi felpati
ma ti sento
sul petto
desiderosa di coccole.
Languidamente
mi trascini oltre il tempo
ed è bello 
sognare insieme
nell'armonia del ron ron.

- Graziella Cappelli -




Io credo che chi ama e rispetta gli animali, lo fa anche con le persone.

mercoledì 10 aprile 2013

A PAPA FRANCESCO

L'ho appena letta su Arteinsieme e soddisfo immediatamente il desiderio di averla qui 

Francesco (a Jorge Mario Bergoglio)

di Tiziana Monari

 Era un giorno come gli altri, una data qualunque
quando i tuoi occhi , Francesco,
bastioni senza confini,sorpresi dalla vita, dall’infinità dell’essere
hanno brillato umidi di pioggia tenera
colmi di liquide stelle
in una terra malata d’ingordigia
distendendosi  in un sipario d’aria purpurea
tra i santi in una  notte di luna nuova
tra cherubini scarlatti  e immaginifiche bandiere colorate

ed il tuo nome, emblema di memoria sciolto in  virgole di luce
è salito sulla scena nella volta di San Pietro
in un tempo dalle lievi curvature
in una sera  dove passava  il vento della  storia
si mescolava al profumo della vita
e si coricava piano al tuo fianco senza alcun rumore

ci hai sorriso,
in questa stagione sottile di lucciole spente
lontano da quel posto dove fiorisce la felce
e dove il mare in burrasca  conosce l’argento della luna sui cipressi

ti abbiamo amato da subito
tu che conosci il gergo dei feriti, la fame dei digiuni, il crepuscolo sulla croce
piccolo pescatore capace di misurare il cielo,la distanza dei canti, il silenzio dei velieri,
l’eterno viaggio verso il paradiso.
 - Tiziana Monari - 

martedì 9 aprile 2013

RINGRAZIAMENTO

VORREI RINGRAZIARE DI CUORE I 58 TESORI DI PERSONE CHE HANNO FIRMATO LA MIA PETIZIONE CONTRO LE GUERRE.
SPERO TANTO CHE IL NUMERO AUMENTI.
NELLA CERTEZZA CHE NON BISOGNA MAI RINUNCIARE AI SOGNI
UN ABBRACCIO RICONOSCENTE
Giovanna

P.S. E' una gioia grande vedere anche le firme dei giovani, unica speranza di questa umanità travagliata.
Mi preme ringraziare anche il Titolare del sito Poetare che ha inserito il link nella sezione Concorsi del suo sito.



Dedicato a tutti quelli che hanno firmato:




lunedì 8 aprile 2013

VITA SOGNO, SOGNO VITA

Ed oggi ho l'onore di avere mio ospite un ottimo poeta nonchè squisita persona PIERO COLONNA ROMANO




Vita sogno, sogno vita.
Come di specchi in gioco, s'intreccian vita e sogno,
grovigli di speranze, certezze ed illusioni.
Se sia la vita un sogno o il sogno vera vita
rimane un dubbio arcano che macera la mente.

Così pur ci ripaga 
per questa vita il sogno.
Concreto come quella,
arriva inaspettato,
da siti oscuri in notti
ci è stato regalato,
e a siti ignoti alfine
nell'alba tornerà.

Così pure la vita
è inaspettato dono.
Percorso ch'è obbligato,
e a un termine votato,
pure nel suo finire
v'è alcuna differenza
sia lieta o addolorata
di certo finirà.

Son specchi e all'infinito
raddoppiano emozioni,
e ad inseguire sogni
viviam la nostra vita.
Sembrano e vita e sogni
eterei fantasmi,
è dal pensier che forse
l'inganno nascerà.

- Piero Colonna Romano 

sabato 6 aprile 2013

IL BOTTONE NERO







C’era una volta un bottone nero che capitò per caso in una scatola di latta assieme a  una gran quantità di bottoni colorati che si rimiravano l’un l’altro.
Al bottone nero nessuno rivolgeva la parola ed egli un giorno radunò tutto il suo coraggio e chiese ai suoi compagni: - che cosa vi ho fatto di male per meritare questa vostra indifferenza? –
Quelli si guardarono di sottecchi (veramente si dovrebbe dire da sotto i buchetti che avevano in mezzo alle loro forme geometriche varie, tonda, quadrata, romboidale ecc.) finchè uno, un po’ più grosso degli altri e coperto di pietruzze luccicanti, rispose:
-          Veramente tu non ci hai fatto niente di male, ma sei così nero e insignificante che non si capisce come mai ti abbiano messo in nostra compagnia. Guarda, per esempio, quel bottone tutto dorato, com’è solare, lui aspetta di essere esposto quanto prima in bella mostra su di una importante giacca blu. –
Il bottone nero girò gli occhietti verso il bottone dorato e quasi rimase abbagliato dallo splendore che sprigionava e così andò  a rannicchiarsi mogio mogio in fondo all’angolo della scatola senza più replicare.
Qualche giorno dopo, mentre tutti i bottoni stavano facendo il sonnellino pomeridiano, la scatola venne improvvisamente scoperchiata e una mano femminile s’intrufolò con decisione fra i bottoni estraendone a manciate e disponendoli su un tavolo ricoperto da un drappo di stoffa bianca.
- Questo no, questo neanche, questo è troppo grande, questo è troppo piccolo, questo luccica troppo, questo è troppo azzurro, questo è troppo rosso, questo è troppo giallo – e così quella voce femminile mano a mano che scartava i bottoni che non erano di suo gusto li faceva ricadere con un lieve tonfo nella scatola dalla quale li aveva tolti.
Sembrava proprio che quella persona  non trovasse ciò che desiderava.
Il bottone nero stava rannicchiato nel suo angolino fermo fermo ed osservava tutto questo trambusto con un po’ di timore.
Ad un certo punto nell’aria risuonò un’esclamazione di giubilo e in quel mentre il nostro bottone si sentì sollevare repentinamente dal suo luogo appartato e  venne adagiato delicatamente su quella tela bianca  dove i suoi compagni erano stati esaminati.
 - Eccolo – disse la stessa voce di prima – è quello che mi mancava, per fortuna l’ho ritrovato, ora il vestito potrà essere finalmente confezionato come si deve -.
Il bottone nero capì che non sarebbe più tornato assieme agli altri compagni nella scatola e si guardò intorno. Oh, meraviglia! Sul tavolo c’erano altri sette bottoni uguali a lui che lo guardavano sorridenti.
- Ma dove ti eri cacciato? – chiese uno dei sette.
- Beh, non lo so, non ricordo niente, forse ero caduto e ho battuto la testa e qualcuno mi ha visto e messo nella scatola assieme a tutti quei fratelli colorati - .
- Va bene, va bene - disse l’altro bottone – l’importante è che ora Rosa ti abbia trovato perché credo stia preparando qualcosa di speciale per noi.
Rosa, come avrete sicuramente già capito, era quell’essere umano che aveva scombussolato quella pacifica giornata all’interno della scatola di latta.
Ora,  però, credo sia giunto il momento di dare un nome al nostro bottone nero e così lo chiameremo Cico.
I giorni passavano e Cico con i suoi sette compagni neri stavano sempre assieme in una nuova scatolina di cartone molto più piccola della scatola di latta.
Trascorrevano il tempo a chiacchierare del più e del meno, raccontando ognuno qualche passata avventura, più o meno divertente, e si sentivano in sintonia.
Ogni tanto la scatolina di cartone veniva spostata di qua o di là provocando così il solletico ai bottoni neri con conseguenti rumorose risate degli stessi.
Un giorno capitò un fatto che era destinato a rimanere per sempre nei ricordi dei bottoni colorati e di quelli neri.
Sentirono all’esterno del loro involucro un tramestio che non prometteva niente di buono.  Ad un certo punto qualcuno prese la scatolina di cartone e, tolto il coperchio, rovesciò violentemente il contenuto sul tavolo.
- Bottoni! – sghignazzò una voce con tono sprezzante mentre con una manata li stava scaraventando a terra.
 Stessa sorte subirono anche i bottoni colorati della scatola di latta che, involontariamente, si vennero a trovare a tu per tu con i bottoni neri.
- Che disastro, ma cosa sta succedendo? – si chiedevano tutti i bottoni assai spaventati e tremanti, sparsi sul pavimento.
C’è anche da dire che la stanza era tutta buia e quasi non si distinguevano più i bottoni colorati da quelli neri. Tutti i bottoni però si accorsero che fra di loro stava nascendo un caldo sentimento di solidarietà ed amicizia che li univa in quel momento di comune pericolo.
All’improvviso si levò nell’aria un urlo acuto e altissimo mentre sulla porta apparve una sagoma tutta bianca. I bottoni capirono subito che si trattava di un fantasma e zittirono immediatamente.
Anche quella voce iraconda ammutolì di paura e, dal rumore di passi veloci, capirono che il suo proprietario se l’era data a gambe.
Con la quiete ritrovata, tornò anche la luce e il fantasma non fece altro che togliersi la sua veste bianca e posarla su una sedia. Ma a quel punto la sorpresa dei bottoni fu grande: chi indossava la veste da fantasma? Era proprio lei, Rosa, la coraggiosa, che era riuscita a far scappare il ladro! Rosa raccolse subito i bottoni e li rimise nelle loro rispettive scatoline facendo ben attenzione ad assicurarsi che quelli neri ci fossero tutti.
E, se voi aveste visto quella sfilata di carnevale, avreste potuto sentire gli applausi e constatare l’orgoglio dei bottoni neri mentre spiccavano sul bel vestito bianco di Pierrot che, finalmente, Rosa era riuscita a confezionare.
E il nostro Cico era proprio quello in alto, il primo, vicino al cuore.

- Giovanna Giordani -

venerdì 5 aprile 2013

PETIZIONE

Chi non è indifferente ai mali del mondo, se vuole, può firmare questa petizione.
Ancora un grazie alle gentili persone che passano di qui e tante cose belle a tutti.


http://www.avaaz.org/it/petition/VORREI_CHE_IL_DIRITTO_INTERNAZIONALE_SI_ATTIVASSE_AFFINCHE_CESSI_OGNI_GUERRA_NEL_MONDO/?launch

IL BAMBINO CON LA CHIAVE


Dalla sua ultima silloge "NELLE FALESIE DELL'ANIMA" ecco la poesia che racchiude la poetica di questo autore molto sensibile alla salvaguardia e all'attenzione del mondo dell'infanzia in ogni parte del ns pianeta.

http://gironzolandotralenuvole.blogspot.it/2013/04/nelle-falesie-dellanima.html#comment-form



IL BAMBINO CON LA CHIAVE


L'avevo visto quel bambino
son passati tanti anni ormai
l'avevamo visto noi tutti
quel bambino in compagnia
della sua solitudine
migrare da una terra all'altra
con quella chiave simbolica
nelle sue mani

a voler aprire
a voler dire
a voler urlare
al mondo intero

Apritemi quella porta!


Apritemi quella porta!
dietro di essa
c'è il mio mondo
c'è la mia speranza
quella che mi avete rubato
quella che state uccidendo
quella che io voglio salvare

Apritemi quella porta!

Con me ci sono milioni di bambini
guardateli! ascoltateli!
sono i miei compagni
siamo i vostri figli
in questa vita che tale ancora non è

Apritela! quella porta
la Terra è nostra
vogliamo viverla!


Gavino Puggioni

giovedì 4 aprile 2013

L'ALBERO CHE CANTAVA


C’era una volta un albero un po’ particolare,  e vi dirò subito perchè: questo albero… sapeva cantare! All’arrivo della primavera, dunque, al primo tepore del sole, le sue tenere foglioline cominciavano ad aprirsi e intonavano un coro che si espandeva per tutto il giardino.
Dapprima iniziavano sommessamente, poi, man mano che crescevano e diventavano delle belle foglie verdi, anche le loro voci diventavano sempre più sonore e armoniose rallegrando così le giornate di quel luogo ameno.
Vicino a quest’albero canterino c’era una di quelle piante grasse con quei tremendi aculei che sembravano sempre pronti a colpire chi si avvicinava troppo. Ebbene questa pianta era l’unica nel giardino che non apprezzava per niente le canzoni del nostro albero e pertanto continuava a brontolare come una pentola di fagioli.  – Verrà anche l’autunno – diceva tra sé – così questa musica smetterà! -. E intanto diventava sempre più gonfia di stizza e i suoi spini sembravano pronti a schizzar via per pungere qualche malcapitato.
Verso settembre arrivò nel giardino il primo venticello portando un po’ di tremore dappertutto.
La voce delle foglie dell’albero canterino cominciò a indebolirsi. Allora il sole, impietosito, cercò di donare loro tutto il calore di cui era capace facendole diventare splendenti come l’oro. E così potevano continuare a gorgheggiare contente.
In ottobre passò da quelle parti un signore molto distinto assieme ad un suo amico che indossava dei vestiti un po’ larghi, aveva i capelli lunghi e amava dipingere quadri.
Giunti davanti all’albero che sapeva cantare, si fermarono estasiati dallo splendore delle foglie che il sole non smetteva di accarezzare.
- Che meraviglia! – disse il signore elegante. – Davvero splendido! – replicò il pittore.
A quei complimenti le foglie arrossirono di piacere  e alcune svennero per l’emozione, cadendo  a terra.
- Domani potrai venir qui con il tuo cavalletto e con i tuoi pennelli – disse il signore elegante al pittore.
- Verrò volentieri e ti ringrazio – rispose questi.
- Ecco care, disse la pianta grassa – domani ci faranno il ritratto. Potreste almeno per un giorno smettere di cantare?
- Smettere di cantare? Perché? – risposero le foglie  - noi domani faremo del nostro meglio per regalare a quei signori gentili le nostre più belle melodie -. La pianta grassa bofonchiò rassegnata; tanto con quelle era proprio inutile discutere!
L’indomani era una giornata meravigliosa. Sullo sfondo del cielo turchese e alla luce del sole gli alberi splendevano dei colori più belli e l’albero canterino era più luminoso che mai.
Arrivò il pittore con il suo cavalletto sul quale sistemò una tela bianca di media grandezza; si sedette su una panchina di fronte al nostro albero e, presi  pennelli e tavolozza, iniziò a dipingere. Lo spettacolo era davvero mozzafiato; le foglie arrossivano sempre di più nel sentirsi così al centro dell’attenzione, e cantavano sommessamente.
Disse la pianta grassa: - meno male che oggi almeno cantate più piano e non mi rompete i timpani con i vostri strilli! –
Alla fine della giornata il pittore regalò il quadro al suo amico che ne fu molto contento mentre la notte abbassò le palpebre a tutti gli abitanti del giardino, che si addormentarono serenamente.
L’autunno e l’inverno avanzavano a grandi passi e il vento che li accompagnava faceva cadere le foglie di quasi tutti gli alberi. Solo la pianta grassa rimaneva imperterrita, assieme alle piante sempreverdi.
Anche le foglie canterine caddero una ad una, e mentre si adagiavano sul terreno intorno al tronco dell’albero, continuavano a cantare piano piano, perché sotto la terra, vicino alle radici, le loro sorelle le ascoltavano ansiose di imparare bene le canzoni per poterle cantare la successiva primavera.
La pianta grassa, che ormai non poteva più sentirle,  disse: - meno male che almeno adesso  posso dormire in pace – e, distolto lo sguardo dai rami nudi dell’albero, cominciò a russare come un trombone stonato.
In una bella casa, non molto lontano dal giardino, quel signore elegante di cui abbiamo parlato prima, una sera invitò a cena amiche ed amici con le rispettive famiglie. E, dopo la cena, li condusse in salotto e mostrò loro il dipinto fatto dal suo amico all’albero dai colori splendenti.
Tutti ne fecero gli elogi e lo guardarono con ammirazione. Fra i presenti c’era anche una ragazzina che amava molto dipingere e alla vista del quadro proruppe in una esclamazione di meraviglia : - Ma è bellissimo! Quell’albero ha i colori dell’oro e sembra quasi che sprigioni una musica! -.  Non si era resa conto, come noi sappiamo, di aver detto proprio la verità. E fu così che il nostro albero potè continuare a cantare dal quadro  in ogni stagione,  ma solo le persone speciali riuscivano a sentirlo!

- Giovanna Giordani - 

mercoledì 3 aprile 2013

MADRI DI MONTAGNA



Quelle madri di montagna
ora che non hanno più denti
dentro le rughe conservano
le stanze della gioia

immobili, le mani scarne
sopra la coperta dell'ultimo Natale
studiano l'attesa di un tempo
che scorre chiuso tra due pieghe

                       sempre uguale

e ripetono ostinate il sorso
di un ritorno al velo bianco
i giochi con le trecce
la luce di una lucciola

- Nadia Scappini

martedì 2 aprile 2013

EPPURE VIVO


Oggi, una bella poesia del poeta NINO SILENZI direttamente dal bellissimo sito POETARE


Sto meditando
sullo strazio della vita,
sull'inutile dolore,
sulle promesse eterne,
sulle vane speranze.

Vita dovuta,
non richiesta,
vita sbattuta
tra arcane promesse,
vita perduta
in dubbi solenni.

Tortuosa è la via
dell'uomo che va,
senza ritorno, lontano
lontano, stanco
di vivere e di morire
più e più volte,
di giorno e di notte.

Eppure mi piace
ogni tanto gioire,
portare a spasso
la mia vita di sasso;
sentire la pioggia
che batte sul tetto
e il vento che sferza
gli alberi frondosi;
prendere in mano
un ciuffo d'erba,
vedere il monte
che nasconde il sole.

Eppure vivo...
e vivrei mill'anni.

- Nino Silenzi